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Questa parte è dedicata alle curiosità, dove ti puoi addentrare in alcuni luoghi insoliti. Buon viaggio!

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NELLA VALLE DEI RE, IN EGITTO, UN INSOLITO OGGETTO FU SCOPERTO TRA LE BENDE DELLA MUMMIA DI UN FARAONE. È IL PUGNALE DI TUTANKHAMON IL CUI FERRO DELLA LAMA PROVIENE DA UN METEORITE CADUTO IN SIRIA. Nel 1922 l’egittologo Howard Carter scoprì presso la Valle dei Re, in Egitto, la tomba quasi intatta del faraone Tutankhamon risalente alla XVIII dinastia (1550 -1291 a.C.). Tra i vari tesori nascosti sono stati ritrovati ad esempio: il sarcofago d’oro, la famosa maschera funeraria, preziosi scrigni, vasi d’alabastro, gioielli, ed in particolare uno strano pugnale di notevole fattura, oggi esposto al Museo Egizio del Cairo. Esso misura quasi 35 cm di lunghezza, ha il manico lavorato in oro, nel quale vi sono incastonate delle piccole pietre multicolori, mentre la lama è fatta in ferro di cui: 11% di nichel e 0,6% di cobalto, ossia percentuali che dimostrano che il metallo proviene da un meteorite. La sua origine extraterrestre è stata confermata grazie ad uno studio pubblicato nel 2016 sulla rivista Meteorics & Planetary Science. Infatti il team di ricerca ha effettuato l'analisi della distribuzione del nichel sulla superficie del pugnale ed ha rivelato che il metallo era stato riscaldato a bassa temperatura, compresa tra gli 800 e i 950 gradi. Questo dato è stato possibile ottenerlo perché sul pugnale sono state rinvenute le cosiddette “strutture Widmanstatten” ossia un tipo di cristalli allungati che compaiono nel nichel, presente nel ferro meteorico, quando arriva a queste temperature. La presenza di tali cristalli suggerisce anche che il meteorite, con cui è stato forgiato il pugnale, appartenesse a un gruppo di meteoriti ferrose chiamati ottaedriti. Molto probabilmente era caduto nell’attuale Siria e gli antichi Egizi, tramite l’esame di alcuni geroglifici, sapevano che il pugnale era fatto con “ferro del cielo”. Inoltre grazie all’aiuto delle Lettere di Armana, una corrispondenza diplomatica di 3400 anni fa, si è scoperto che il pugnale sarebbe stato inviato dal re dei Mitanni, (sovrano del regno ubicato in Mesopotamia) ad Amenhotep III, ossia il nonno di Tutankhamon nonché padre del celebre Akhenaton. Quindi il faraone avrebbe ereditato il pugnale dal nonno.

UN MONDO SOMMERSO GIACE SOTTO LE ACQUE CRISTALLINE DELL’OCEANO PACIFICO. È LA FOSSA DELLA MARIANNE, PROFONDO 11 CHILOMETRI, CHE OSPITA CREATURE GIGANTI, MEDUSE ALIENE E SIMPATICI POLIPI DUMBO. La Fossa delle Marianne è la depressione oceanica più profonda del mondo che si trova a circa 200 km ad est delle Isole omonime, nell’Oceano Pacifico, tra Giappone, Filippine e Papua Nuova Guinea. Ha una forma a mezzaluna lunga circa 2550 km mentre la sua depressione arriva ad una profondità massima di quasi 11 km, caratterizzata da una piccola valle a forma di fessura sul fondo chiamata Challenger Deep. I primi esseri umani a raggiungere il fondale furono l’oceanografo Don Walsh e l’ingegnere Jacques Piccard, nel gennaio del 1960, all’interno del batiscafo Trieste, progettato in Svizzera ma prodotto in Italia. In seguito vi furono condotte altre spedizioni tra cui ad esempio: quella del 2009 chiamata Nereus e del 2016 il NOAA. Rispetto alle ricerche svolte scopriamo insieme alcune caratteristiche di questo mondo sommerso. Innanzitutto, invece di un mare silenzioso, i ricercatori hanno udito rumori di navi, di canti delle balene, l'eco dei tifoni ma anche di terremoti che, a volte, si manifestavano al di sopra delle loro teste. Per quanto riguarda gli esseri viventi che vi abitano nella Fossa delle Marianne hanno trovato ad esempio: la medusa aliena ossia un predatore che caccia tendendo i suoi tentacoli distesi come fili di una ragnatela; il Polpo Dumbo che sulla testa presenta delle pinne, da noi scambiate per orecchie, che gli permettono di nuotare. Egli attira le sue prede, creando delle correnti che le trascinano direttamente alla sua bocca; il sifonoforo "dente di leone", formato da più organismi dove ciascuno ha diverse mansioni; il maiale di mare trasparente; organismi marini fatti quasi solo di acqua, cetrioli di mare, lumache, animali primitivi, ecc. Infine a queste profondità, non è raro trovare organismi molto grandi rispetto ai loro simili. Si parla infatti di “gigantismo abissale”, una sorta di processo evoluzionistico che tende a far aumentare le dimensioni di un essere vivente in certe condizioni ambientali di isolamento.

UN MACCHINOSO DISCO ERA COLLOCATO SUL SOFFITTO DELLO SPLENDIDO TEMPIO DI HATHOR, IN EGITTO. È LO ZODIACO DI DENDERA UN CELEBRE BASSORILIEVO SU CUI È INCISA UNA MAPPA STELLARE più ANTICA DEGLI EGIZI. Scoperto da un ufficiale napoleonico nel 1798 durante una spedizione in Egitto, lo zodiaco circolare è un bassorilievo, in pietra arenaria che, in origine, era posizionato sul soffitto della cappella dedicata ad Osiride, nel Tempio di Hathor. Il disco ha un diametro di 155 centimetri inserito in una cornice che misura 255 per 253 centimetri. Il reperto originale è stato trasferito a Parigi nel 1821 e oggi lo ammiriamo al museo del Louvre mentre nel tempio egizio ne è collocata una copia. Nonostante lo Zodiaco risalga all’epoca greco-romana, la riproduzione della volta celeste era già stata studiata nel III millennio a.C. dai Babilonesi. Esso può essere definito un planisfero, una mappa stellare, una proiezione cartografica dei pianeti e delle 12 costellazioni dello zodiaco che vanno a formare 36 decani (o gruppo di stelle), che scandiscono 36 intervalli di 10 giorni. Il cielo è stato raffigurato da un grande disco sostenuto da 4 paia di entità dalla testa di falco fra i quali sono stati inseriti 4 personaggi inclinati a forma di donna che rappresentano i 4 punti cardinali. Addentrandoci di più nel disco, nel primo circolo troviamo 36 spiriti che simboleggiano i 360 giorni dell'anno egizio mentre nella parte più interna vi sono le costellazioni e i segni zodiacali, come l'Ariete, il Toro, lo Scorpione e il Capricorno. L’astronomo John E. Rogers ha notato le somiglianze con tre tavolette superstiti di uno zodiaco seleucide ed ha concluso che lo Zodiaco sarebbe "una copia completa dello zodiaco mesopotamico". Inoltre il reperto indica sia l'eclissi solare sia quella lunare, ed in particolare: la prima è avvenuta il 25 marzo del 51 a.C. simboleggiata da un cerchio contenente la dea Iside, mentre la seconda il 25 settembre del 52 a.C. rappresentata dall’Occhio di Horo chiuso in un cerchio. In definitiva lo zodiaco era uno strumento di conoscenza che mostrava non solo la mappa di un cielo antico ma anche i momenti migliori per le attività agricole e sociali.

TRA LE VERDI COLLINE DELLA DORGOGNA IN FRANCIA, UN GIOVANE E IL SUO CANE SCOPRIRONO DELLE PREISTORICHE GROTTE! SONO QUELLE DI LASCAUX CHE FORSE CONSERVANO UN’ANTICA MAPPA DEL CIELO. Nel 1940 presso il comune di Montignac, nella Dordogna (Francia) un giovane meccanico Marcel Ravidat si avventurò su una collina con il suo cane il quale s’infilò in una buca di una volpe, creando una frana che mostrava l’entrata di una grotta. Marcel, ritornò in seguito, e con l’aiuto dei suoi amici, scoprirono un mondo sotterraneo fatto di grotte labirintiche e spettacolari pitture rupestri. Da vari studi è emerso che tali opere risalgono al Paleolitico superiore, ossia tra il 18.000 ed il 17.000 a.C. Al suo interno ci sono circa 6.000 raffigurazioni di figure umane, segni astratti e animali, che furono dipinti sui muri usando colori ricavati da pigmenti minerali. Dopo 8 anni dalla sua scoperta, le grotte furono aperte al pubblico, ma poi nel 1963 furono chiuse poiché la superficie delle pareti fu danneggiata dal respiro dei visitatori. Oggi è possibile vedere una replica delle grotte. Ma il vero mistero sorge riguardo al significato delle pitture. 1. Per alcuni studiosi a riprodurre le figure dipinte sono stati gli uomini primitivi Cro-Magnon i quali non usavano le caverne come abitazioni in quanto i rari resti di fuochi ritrovati forse servivano come fonte di luce per i pittori, ma come luogo sacro, dove gli sciamani si recavano per mettersi in contatto con gli spiriti. 2. Oppure i capolavori erano solo l'espressione del senso estetico degli uomini di quella remota epoca. 3. Altri ricercatori sostengono che le grotte conservano forse la più antica mappa del cielo prodotta dalla civiltà umana. In particolare nel 2018 i ricercatori delle università di Edimburgo e Kent che hanno confrontato le opere zoomorfe rinvenute nei siti neolitici di tutto il mondo, da Göbekli Tepe e Çatalhöyük in Turchia fino alle grotte di Lascaux. In queste ultime, nella Sala dei tori, gli studiosi hanno riconosciuto le stelle che formano le costellazioni zodiacali del Capricorno, del Toro e dello Scorpione. Quindi dall’arte rupestre è possibile capire che già i Cro-Magnon avessero una conoscenza avanzata del cielo notturno.

MISTERIOSI “MOSTRI COSMICI” MANGIANO LE STELLE E I GAS DEL NOSTRO UNIVERSO. SONO I TEMUTI BUCHI NERI CHE POTREBBERO SVELARE L’ORIGINE DEL NOSTRO COSMO ED ESSERE UN INGRESSO PER ALTRI UNIVERSI. Il buco nero è un corpo celeste, creato dalla morte naturale di una stella massiccia, la cui massa è talmente compressa da generare un campo gravitazionale. In esso vi è la gravità che riesce a piegare lo spaziotempo su sé stesso, fino a formare una regione sferica, chiamata singolarità, posta al centro del buco dove le leggi della fisica cessano di essere valide. Tale regione è circoscritta dal cosiddetto “orizzonte degli eventi”, ossia una superficie ideale che segna il confine tra “interno” ed “esterno” del buco nero. Infatti, come sostiene la teoria della relatività generale di Einstein, se un oggetto cade all'interno dell’“orizzonte” viene disgregato in frammenti sempre più piccoli finché la materia prende una forma allungata e sottile. Questo processo è chiamato spaghettificazione, di cui ne sono vittime le stelle, i gas ma anche la luce, nel caso si dovessero trovare nelle immediate vicinanze del buco. Ma che cosa succede dentro a questo corpo celeste? Ancora oggi non lo sappiamo, così come non sappiamo dove finisce tutto il materiale “divorato”. Tra le tante ipotesi, il fisico teorico Nikodem Poplawski avanza la Teoria del Multiverso. In particolare sostiene che la materia all’interno di un buco nero raggiunge un punto in cui non può essere più compattata, poiché i buchi neri ruotano quasi alla velocità della luce. Questa rotazione causa al “seme compattato” (o la regione sferica sopra citata) una torsione enorme diventando talmente compresso, che potrebbe esplodere improvvisamente come il Big Bang. In altre parole, è da tale seme che potrebbe aver avuto inizio il nostro universo ma è anche possibile che il buco nero sia un “ingresso senza ritorno” che conduce verso più universi. Questo significa che se ci trovassimo all’interno di un buco nero, potremmo finire in un altro cosmo, o meglio le nostre particelle di cui eravamo formati. Un universo alternativo che sarebbe, quindi, collegato, al nostro tramite il buco nero, come due alberi collegati da una radice.

UNA PITTORESCA TERRA S’INTRAVVEDE TRA LE FITTE NEBBIE DEI MONTI CARPAZI, IN ROMANIA. È LA TRANSILVANIA NON SOLO FAMOSA PER IL CASTELLO DI DRACULA MA ANCHE PER LE SUE CASE BIZZARRE DAGLI OCCHI INDISCRETI. La Transilvania è una regione storica della Romania che si trova nella parte occidentale e centrale del Paese, protetta dai Monti Carpazi. Essa è nota sia per la presenza di castelli tenebrosi, sia perché ricorda la figura del nobile Vlad III di Valacchia Hagyak, discendente dalla famiglia dei Drăculești. Ma vediamo alcuni posti interessanti. 1. Sighisoara è la città più romantica presente in questa regione. Tra le mura e le stradine medievali, vi sono torri, casette colorate con tetti alti e spioventi, piazzette e corti appartate. Si pensa sia stata la città natale del principe menzionato pocanzi. 2. il Castello di Bran è stato costruito in stile medievale gotico con le sue torri affilate e pareti in pietra grigia. Qui, nel 1448, si insediò Vlad III, sopra citato, conosciuto anche come Dracul (che significa Diavolo) o “Vlad l'Impalatore” per la sua reputazione di uomo sanguinario. L’edificio divenne noto grazie al romanzo gotico creato dallo scrittore Bram Stoker nel 1897 intitolato “Dracula” e per questo venne anche chiamato “Castello di Dracula”. 3. Sibiu è una città caratterizzata da stradine acciottolate, piazze, edifici barocchi ma anche dalle case che guardano i passanti. Infatti posizionate sui tetti di alcune case, vi sono strane feritoie che sembrano degli occhi socchiusi. In realtà queste aperture sono un sistema di aerazione, usato in passato, per conservare in soffitta i viveri e garantire il riciclo di aria limitando l’intensità della luce. Inoltre vi è anche il Ponte delle Bugie che, secondo le credenze, crollerebbe nel momento in cui la persona, che lo attraversa, raconta una menzogna. In realtà, è soltanto una storpiatura del nome originario. Infatti all’inizio il ponte era chiamato “Liegenbrücke”, (ponte sospeso) e in seguito Lügenbrücke (ponte di bugie). 4. Castelul de Lut o Castello d’Argilla è una struttura progettata dell'architetto Ileana Mavrodin e realizzata solo con materiali naturali e riciclati che la rendono fresca d'estate e calda d'inverno.

 

UN TERRA TROPICALE SI È POSIZIONATA AL POLO SUD DIVENTANDO UN REGNO DI GHIACCIO! È L’ANTARTIDE CARATTERIZZATA DA “CASCATE DI SANGUE”, UN VULCANO CHE ERUTTA ORO E UNA STRANA “PIRAMIDE”. L'Antartide è un continente che si trova nell'emisfero sud del pianeta, più grande degli Stati Uniti, la cui superficie oggi è ricoperta da una calotta glaciale mentre, 240 milioni di anni fa, vi erano grandi foreste e un clima tropicale. In particolare questo territorio faceva parte di un “continente” (Gondwana) che comprendeva anche il Sud America, l’Australia, l’Africa e l’India. Dopo la separazione dalle rispettive terre, l’Antartide si spostò sempre di più verso il polo sud e si ricoprì di uno spesso strato di ghiaccio. Infatti le sue temperature arrivano fino a -80°C e i suoi venti raggiungono oltre i 300 km/h rendendo il territorio un luogo inospitale per l’uomo. Ma vediamo alcune peculiarità. 1.Le Blood Falls, le “cascate di sangue” chiamate così per le acque rosso brillante che sgorgano dal ghiacciaio Taylor Glacier. Secondo uno studio dello scienziato Ken Livi, l’acqua proviene da un lago subglaciale, rimasto isolato per milioni di anni, che contiene nanoparticelle di ferro. 2.Il Monte Erebus è un vulcano attivo che dal suo cratere fuoriescono quotidianamente circa 80 grammi d’oro per un totale di 6000 dollari al giorno. In particolare il vulcano emette gas ricchi di piccolissime particelle di oro metallico, che poi si disperdono nella neve circostante e nell’atmosfera fino a 1000 km di distanza. 3.Inoltre sotto al Monte Erebus è stato scoperto un sistema di grotte collegate tra loro, la cui temperatura interna è di circa 25 gradi Celsius. Gli scienziati ipotizzano che qui potrebbero esserci piante e animali poiché hanno rilevato tracce di DNA di esseri viventi in parte non ancora conosciuti. 4.La piramide chiamata Nunatak. Per alcune persone è una costruzione artificiale lasciata da una civiltà scomparsa quando l'Antartide era ancora priva di ghiacci. Mentre per gli scienziati è una formazione rocciosa che fa parte delle numerose “strutture piramidali” presenti nella catena montuosa Ellsworth lunga oltre 400 chilometri. D’altronde la forma a piramide non è così complessa per la natura.

UNA SCINTILLANTE ISOLA COMPARE NEL GOLFO PERSICO, IN IRAN. È HORMUZ CHE, CIRCONDATA DA ACQUE ROSSO SANGUE, MOSTRA LE SUE MONTAGNE ARCOBALENO, UNA GROTTA VARIOPINTA ED OFFRE UNA TERRA CHE PUO’ ESSERE MANGIATA. L'isola di Hormuz è situata vicino alle coste meridionali dell'Iran e si affaccia all'ingresso del Golfo Persico. Essa è circondata da una strada costiera che apre la vista ad un paesaggio formato da rocce sedimentarie e materiali vulcanici caratterizzati da svariati colori. Infatti, non a caso, essa è anche soprannominata “l’isola arcobaleno dell’Iran” ed è diventata famosa per la tinta rossastra del suo mare e della sua spiaggia la quale, in alcune parti del territorio, è anche colorata da un nero argento scintillate. Questa caratteristica, spesso oggetto di superstizioni e credenze, è dovuta ad una elevata concentrazione di ossido di ferro, che qui viene chiamato “Gelack”, usato sia per cosmetici, stoffe e ceramiche, sia come colorante alimentare o come salsa da spalmare sul pane azzimo. Infatti, Hormuz è anche famosa per essere forse l’unica isola al mondo dove la terra può essere mangiata. Oltre a queste peculiarità, l’isola è formata anche da montagne colorate poiché possono vantare della presenza di diversi minerali che offrono al paesaggio svariati colori. Tale caratteristica è dovuta grazie agli strati di roccia vulcanica disposti in modo non uniforme durante il raffreddamento. Un’altra montagna particolare è conosciuta come la Dea del Sale. Essa si trova nella parte occidentale dell'isola ed estende al suo interno le sue grotte pallide con pareti ricoperte da cristalli di sale scintillanti. Oltre a queste ultime vi è anche l’ipnotica grotta arcobaleno al cui ingresso si possono vedere rocce di sale, ma addentrandosi i colori diventano sempre più intensi. La sua origine è dovuta alla stratificazione di rocce sedimentarie e saline che creano un luogo variopinto. L’isola di Hormuz è un posto di rara bellezza ma essa è resa ancor più unica dall’architetto iraniano-americano Nader Khalili il quale, per offrire un riparo alla comunità del posto, ha fatto costruire il Majara Residence ossia una soluzione abitativa smart, ecologica e sostenibile.

MAESTOSI EDIFICI SONO “SOSPESI IN ARIA” SOPRA LA PIANURA DELLA TESSAGLIA, IN GRECIA. SONO I MONASTERI DI METEORA CHE FURONO COSTRUITI DAI PAZIENTI EREMITI PER DIFENDERSI DAI NEMICI. Meteora è una famosa località ubicata nella regione della Tessaglia, nei pressi della cittadina di Kalambaka, in Grecia. Il suo nome in greco significa “in mezzo all'aria” o “sospeso in aria” e fa riferimento ad un importante centro della Chiesa ortodossa. Questo luogo è caratterizzato da un sistema roccioso composto da una miscela di arenaria e conglomerato, formatosi nei fondali circa 60 milioni di anni fa ed emerso quando si abbassò il livello del mare. I primi eremiti, che arrivarono in questa zona, si insediarono nelle grotte scavate nei pinnacoli, intorno al X secolo, in piena epoca bizantina. Col tempo ebbero la necessità di costruire sempre più in alto poiché dovettero difendersi dagli attacchi nemici. In particolare essi edificarono i monasteri portando in cima il materiale, ma anche le persone, con l’uso di ceste e scalette. Le loro strutture resistettero per secoli fino a quando le scorrerie portarono Meteora ad un graduale declino dal XVII secolo alla seconda guerra mondiale. Tuttavia, dopo il conflitto, si tornò alla normale vita monastica e, dei 24 monasteri originari, 6 sono rimasti tutt’oggi abitati. Vediamoli insieme. Varlaam fu fondato nel 1517 dall’eremita Varlaam e per costruirlo ci vollero 22 anni portando i materiali in cima con le funi; Aghia Triada fondato dal monaco Dometio nel XV secolo e usato per il film di James Bond “Solo per i tuoi occhi” Agios Nikolaos risale forse al XIII secolo ad opera di Nicanor Anapavsas. È il più piccolo di quelli ancora attivi e, per raggiungerlo, bisogna salire numerosi gradini scavati nella parete rocciosa; Roussanou è un monastero femminile, fondato nel 1545 da Joasaph e Maximos, costruito sulle rovine di una antica chiesa; Megalo Meteoro è il più importante delle strutture di Meteora. Esso fu fondato da Sant’Atanasio intorno al 1340, una delle figure più note del monachesimo ortodosso; Agios Stefanos risale al 1191 ad opera dell’eremita Iérémias. Qui vi è custodito il teschio di San Haralabos, che è stato donato dal principe Drăculea.

UN “MAGICO OGGETTO” HA PERMESSO AI VICHINGHI DI SCOPRIRE L’AMERICA PRIMA DI CRISTOFORO COLOMBO! È LA “PIETRA DEL SOLE” CHE PERMETTEVA AI NAVIGATORI DI ORIENTARSI IN MARE NELLE GIORNATE NUVOLOSE. In molti racconti, nelle antiche saghe nordiche, come in quella di Sant’Olaf, vengono citate le cosiddette sólarsteinn ossia “magiche” pietre che venivano utilizzate per navigare in condizioni di tempo nuvoloso. Gli scienziati ritengono però che tali oggetti non sono solo una leggenda ma esistono davvero. Infatti la loro presenza è stata attestata negli inventari di chiese e monasteri del XIV-XV secolo, ma anche nella scoperta del 2013 nelle Isole Normanne, dove è stato trovato un cristallo squadrato in una nave da guerra elisabettiana del XVI secolo. Nello specifico si tratta di cristalli di calcite, chiamati dai navigatori vichinghi pietre del sole o anche spato d’Islanda, in quanto il minerale è facilmente reperibile in quest’isola e nei Paesi nordici. In base ad uno studio ungherese pubblicato su Royal Society Open Science queste pietre potevano in effetti servire a rintracciare la posizione del sole anche quando il cielo era completamente coperto. In particolare grazie alla sua birifrangenza il raggio del sole che lo attraversa viene scomposto in due parti creando due immagini a seconda della polarizzazione della luce. Se il cristallo viene girato nella direzione giusta, è possibile ottenere un’unica immagine, determinando così la posizione del sole anche nelle giornate nuvolose. Oltre a questa straordinaria scoperta, si sospetta che la pietra del sole abbia permesso ai vichinghi di scoprire l’America già svariati secoli prima di Cristoforo Colombo. Infatti uno studio pubblicato su Antiquity si è basato sull'analisi di alcuni resti di legno trovati in Groenlandia che fu occupata tra il 985 e il 1450 d.C. Osservando la struttura cellulare del legno, i ricercatori hanno sostenuto che non provenisse dall'Europa settentrionale, ma dalle Rocky Mountains canadesi. In definitiva ancora oggi nessuno ha testato i viaggi che facevano i vichinghi con la pietra solare ma si sta provando ad effettuare delle simulazioni a computer per indagare se il minerale potesse essere affidabile per raggiungere l’America.

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MISTERIOSE CASE FATATE SONO STATE SCAVATE TRA LE ROCCE DELLA SARDEGNA PRENURAGICA. SONO LE BIZZARRE DOMUS DE JANAS, OSSIA TOMBE CHE ACCOGLIEVANO I DEFUNTI IN ATTESA DEL LORO VIAGGIO NELL’ALDILA’. Le Domus de Janas sono delle grotticelle artificiali scavate nella roccia della Sardegna prenuragica, realizzate nel Neolitico ossia già a partire dal IV millennio a.C. In seguito con la cultura di Ozieri esse si diffusero in tutta la Sardegna ad eccezione di gran parte della Gallura. Il termine sardo “Domus de Janas” è stato tradotto in italiano come “case delle fate”, essendo le Janas delle benefiche minuscole fate che, secondo la leggenda, tessevano splendidi tessuti d’oro. Esse erano così minute da riuscire ad attraversare, in piedi, le piccole aperture delle loro abitazioni. Nella realtà, invece, tali strutture sono un tipo di tombe realizzate a somiglianza delle case dei vivi allo scopo di accogliere al meglio i propri cari. Infatti la gente della cultura di Ozieri credeva che simbolicamente i defunti dormissero all’interno di queste strutture, come se fossero nel ventre della Madre Terra, per poi intraprendere il viaggio rigeneratore nell’Aldilà. Si possono trovare grotticelle a forma di capanna rotonda con il tetto a cono ma anche con spazi rettangolari corredate di tetti spioventi provvisti di porte e finestre ma anche di focolari, colonne, zoccoli, bacili e false porte. Esse sono spesso collegate tra loro a formare dei veri e propri cimiteri sotterranei, con un corridoio d'accesso (dromos), un ingresso e un soffitto alto. Le pareti venivano ornate spesso con simboli magici in rilievo, rappresentanti teste di bovino, spirali ed altri disegni geometrici. Molto frequenti sono le raffigurazioni della testa taurina o delle sole corna come simbolo di rigenerazione per i defunti. Fino ad oggi ne hanno trovate più di 2.400, ma si ipotizza che molte rimangano ancora da scoprire. Riportiamo solo qualche esempio: Domus de Janas di Sedini definita come la cattedrale delle Domus; Domus de Janas di Sa Conca 'e Mortu dal fascino inquietante; Domus de Janas di S'Incantu una delle più spettacolare; Domus de Janas di Borucca; Domus de Janas della Roccia dell'Elefante; le necropoli di Istevene, di Prunittu, di Uniai.

UN “ARCOBALENO LIQUIDO” SI ESPANDE NEL PARCO DELLA SIERRA DE LA MACARENA, IN COLOMBIA. È IL “FIUME DI CRISTALLO” CHE, CON LE SUE ACQUE COLORATE, PIETRE ANTICHE E MARMITTE DEI GIGANTI, REGALA UNO SPETTACOLO CHE INCANTA. Tra le Ande e l'Amazzonia, nel cuore della Colombia, si cela il Caño Cristales, chiamato anche “il fiume dei cinque colori” o "fiume di cristallo" situato nel suggestivo Parco Nazionale Naturale della Sierra de la Macarena. Le acque di questo affluente del fiume Guayabero, da giugno a dicembre, assumono diverse colorazioni: il giallo, il rosa, il verde, il rosso e il blu, creando una sorta di “arcobaleno liquido” lungo oltre 90 chilometri. Questa tavolozza di colori è resa possibile grazie ad una pianta acquatica chiamata Macarenia clavigera che aderisce in modo stabile alle rocce, nei punti in cui il fiume scorre più velocemente. In particolare quando essa è esposta ai raggi del sole assume una colorazione rosso-rosa brillante, mentre se si trova in ombra dona un colore verde acceso che, insieme ai minerali tipici di quest’area, rende l’acqua del fiume scintillante. Inoltre il Caño Cristales è anche famoso per le sue cascate e per le cosiddette “Marmitte dei Giganti” o “Marmitte del Diavolo”. Queste ultime sono delle cavità cilindriche che si formano quando l’acqua corrente s’imbatte in un ostacolo nel letto del fiume e viene costretta a ruotare sempre nello stesso punto. Esse sono state chiamate in questo modo molto probabilmente perché la loro forma ricorda i pentoloni presenti nelle varie leggende, che venivano usati dai giganti o dai diavoli per cuocersi la zuppa. A conferire ulteriore fascino e mistero al luogo vi sono anche le rocce di quarzite risalenti a circa 1,2 miliardi di anni fa, che si stima siano tra le più antiche del mondo. Inoltre, percorrendo i fiumi Duda e Guayabero è possibile trovare resti archeologici come petroglifi e pittogrammi delle culture indigene che abitavano la zona. In definitiva, oltre al fenomeno visto poc'anzi, ci sono delle formazioni rocciose che creano un paesaggio contrastante tra la durezza delle rocce e la delicatezza dell’acqua “dipinta” dai suoi cinque colori.

UNA “ZONA FANTASCIENTIFICA” SI ESTENDE TRA IL ROVENTE ED ARIDO DESERTO DELLA LIBIA. È LA VALLE DEI PIANETI DOVE ESISTONO DELLE PIETRE CAPACI DI CRESCERE, RIPRODURSI E SPOSTARSI. La Valle dei Pianeti, conosciuta come Kawakeb o localmente come Wan Tikofi, si trova a circa 1130 chilometri a sud di Tripoli, vicino alla città montana di Ghat, nella Libia sud-occidentale. Il sito, ubicato nel deserto libico, è una testimonianza di misteri e meraviglie presenti in natura che affascina turisti e scienziati. Le sue insolite formazioni rocciose, infatti, ricordano i pianeti del nostro sistema solare ed è per questo che la NASA ha soprannominato questo luogo con il nome di “la Valle dei Pianeti”. In generale il diametro medio delle pietre è di circa 10 metri cadauna ed esse sono posizionate l’una accanto all’altra per una distanza di circa 30 chilometri. Le origini del sito sono misteriose poiché è difficile accedervi per effettuare studi approfonditi ma la sua formazione è alquanto singolare. In particolare quando le bizzarre pietre entrano in contatto con l’acqua, ne aumenta la loro pressione interna, andando a scatenare la nascita di tante escrescenze pietrose lungo la superficie della roccia “madre”. Una sorta quindi di “geo-gravidanza” interna che è possibile vederla nelle “sfere” sezionate a metà, caratterizzate da tanti cerchi concentrici simili a quelli dei tronchi degli alberi. Oltre alla capacità di riprodursi esse sono in grado anche di spostarsi. Infatti tale capacità è dovuta dall’aumento casuale del volume di un lato, ossia un rigonfiamento, che permette al masso di inclinarsi e quindi di cambiare posizione. Sebbene ogni evoluzione di pochi centimetri avvenga in un lasso di tempo molto lungo, anche di un migliaio di anni, qualche frammento di roccia riesce a staccarsi dalla matrice e a rotolare via, offrendo la vita ad una nuova piccola formazione. Un altro luogo nel mondo dove possiamo trovare questo fenomeno è in Romania, presso la riserva naturale chiamata il Muzeul Trovanților, ubicata nella valle di Costești. Qui “vi abitano” delle “Pietre Viventi” chiamate Trovants (“sabbia cementata”) che sono capaci di crescere, riprodursi e spostarsi.

CURIOSI MONUMENTI A FORMA DI SPIEDINO "SPUNTANO" DINNANZI AI FAVOLOSI TEMPLI DELL’ANTICO EGITTO.  SONO GLI OBELISCHI: MONOLITI DI PIETRA CHE, PER GLI EGIZI, RACCHIUDONO LA DIMORA DI RA, IL DIO DEL SOLE. L’obelisco, in greco obelos ossia ‘spiedino’, è un monumento commemorativo dell’antico Egitto, composto nella maggior parte dei casi da un monolite in pietra, su cui venivano riportate incisioni e bassorilievi. La sua forma è allungata, quadrangolare e termina con una punta chiamata pyramidion ossia una cuspide piramidale che rappresentava la sacra pietra benben. A volte essa era ricoperta di lamine d'oro, elettro o rame dorato per brillare con la luce solare. Per questo popolo l'obelisco simboleggiava il Dio del sole Ra e, durante la riforma religiosa del faraone Akhenaton, si diceva fosse un raggio di sole pietrificato dell'Aton (il Dio disco solare) o addirittura la struttura dove viveva la divinità stessa. Gli architetti Egizi erano soliti collocare due obelischi all’entrata dei templi e dei luoghi di culto, per indicare ai fedeli l’ingresso nel territorio sacro. Quando i Romani videro queste stele di pietra ne rimasero talmente infatuati che, dopo aver "occupato" l’Egitto intorno al 30 a.C., iniziarono a portarli nella città eterna. Ancora oggi Roma è disseminata di obelischi egizi tra cui quello più noto è il Lateranense, realizzato forse ad Assuan nel XV secolo a.C. che, con la sua altezza di 32,18 metri, viene considerato l'obelisco monolitico più alto del mondo. Altri monumenti di questo tipo si trovano ad esempio: ad Istanbul dove vi è l'obelisco di Teodosio che ebbe origine presso il Tempio di Karnak nel XV secolo a.C. e arrivò a Costantinopoli nel 390 d.C.; al British Museum, a Londra, dove è conservato l’obelisco nero del re assiro Shalmaneser III, risalente al IX secolo a.C.; sempre nella città inglese, ma anche a New York e a Parigi, vi è l’Ago di Cleopatra che si riferisce a tre differenti obelischi di origine egizia, ma senza un reale riferimento alla regina Cleopatra. In particolare gli obelischi di Londra e New York sono gemelli realizzati ad Heliopolis nel XV secolo a.C., mentre quello di Parigi fu costruito a Luxor nel XIII secolo a.C. ed ha un’altra copia rimasta nella sua posizione originaria.
 

“GIU’ LA MASCHERA E RIVELACI LA TUA VERA IDENTITA’!” IL MISTERO DELLA MASCHERA DI AGAMENNONE SCOPERTA A MICENE (GRECIA) I CUI BAFFETTI ALL’INSU’ RICORDANO “UN PO’ TROPPO” LO STILE BELLE EPOQUE. Come una gazza ladra attirata dagli oggetti luccicanti, anch’io sono stata attirata dalla brillante, dorata, ma soprattutto “ben conservata”, Maschera di Agamennone. Tale manufatto fu scoperto dal tedesco Heinrich Schliemann, autodidatta e appassionato cultore di archeologia, che investì il suo patrimonio per rintracciare sul terreno i resti delle città citate dal poeta greco Omero. Tra le varie avventure che intraprese, nel 1874 andò a scavare sul sito dell’antica Micene e nel 1879 trovò una serie di tombe con un grandioso corredo funebre. In particolare vi furono maschere funerarie in oro che ricoprivano dei teschi e tra questi, secondo Schliemann, quella di Agamennone, il mitico re degli Achei protagonista della Guerra di Troia. L’oggetto in questione è composto da una lamina d’oro con rilievi a sbalzo. Esso raffigura un uomo anziano con baffi e barba i cui occhi sono chiusi e le orecchie sono in posizione frontale. La parte superiore del viso termina con il bordo della lamina leggermente curvo che denota un uomo privo di capelli. I dettagli realizzati non sono naturalistici ma creati con gusto decorativo. D’altro canto il filologo classico William M. Calder III, esaminando le descrizioni riportate nei quaderni di Schliemann, aveva trovato molte imprecisioni e notizie false forse per gonfiare l’importanza delle sue scoperte. Ad esempio i reperti come: elmi, gioielli e maschere funerarie, dovrebbero risalire fra il 1550 e il 1500 a.C., ossia secoli prima rispetto a quelli descritti dal poeta Omero. Mentre per quanto riguarda la cosiddetta Maschera di Agamennone si sospetta che sia stata forgiata da qualche orafo e messa da Schliemann all’interno delle tombe reali di Micene. Infatti, la maschera raffigurerebbe lo stesso scopritore da giovane, con i suoi inconfondibili baffetti all’insù che ricordano non tanto le acconciature dei tempi della Grecia micenea, ma quelli in stile Belle Époque. Nonostante le perplessità, ancora oggi non sappiamo se questo reperto sia falso o autentico.

INCREDIBILI FORZE DELLA NATURA HANNO PLASMATO IL NOSTRO PIANETA NEL CORSO DI MILIONI DI ANNI. SONO LE FORESTE PIETRIFICATE DOVE GLI ALBERI SI TRASFORMANO IN PIETRA. Le foreste fossili, o pietrificate, sono giacimenti fossiliferi vegetali che anticamente erano formate da alberi, ma che attraverso un lento processo chiamato permineralizzazione, sono stati trasformati da legno in pietra. In particolare tale cambiamento si verifica quando dei sedimenti o della cenere vulcanica “seppelliscono” gli alberi impedendo a questi ultimi l’apporto di ossigeno e di conseguenza la decomposizione. Nel corso del tempo i minerali contenuti nel terreno, e disciolti nelle acque sotterranee, penetrano nei tronchi degli alberi andando a sostituire gradualmente il legno e conferendone anche delle sfumature colorate. Tali foreste sono presenti in alcune aree della Terra, vediamone alcune. 1. La Foresta Pietrificata di Khorixas, in Namibia, dichiarata nel 1950 monumento nazionale, dove si trova il più grande accumulo di legno fossile dell'Africa; la Foresta Pietrificata di Martis, nella località Carrucana, in Sardegna, i cui resti fossili sembrano rocce che ricordano i tubi dell’acqua anche se in verità sono alberi risalenti a circa 20 milioni di anni fa; la Foresta “mummia” di Dunarobba, in provincia di Terni, ovvero uno dei siti paleo-archeologici più importanti al mondo, dove vi sono alberi risalenti oltre 2,5 milioni di anni fa, per di più ben conservati; 3. il Parco Nazionale della Foresta Pietrificata, in Arizona, è situato sul Chinle Formation ossia un’unità rocciosa di oltre 200 milioni di anni fa. Il parco vanta di avere una delle più grandi e colorate concentrazioni di legno pietrificato al mondo. I primi abitanti della regione furono gli Puebloans, vissuti intorno al 200-1500 d.C. che lasciarono petroglifi, pittogrammi e rovine. In seguito tale zona fu abitata dai nativi americani, tra cui i Navajo e gli Apache, che usarono il legno pietrificato per utensili ed altri oggetti. Nel complesso, le foreste pietrificate offrono un salto indietro nel tempo, che permettono a studiosi e scienziati di ottenere informazioni sugli antichi ecosistemi e modelli climatici.
 

UN VILLAGGIO PITTORESCO È ARROCCATO SUL FIANCO DI UNA MONTAGNA, SOPRA IL CANYON DELL’ALZOU, IN FRANCIA. È ROCAMADOUR UN BORGO VERTIGINOSO DA CUI È POSSIBILE SCENDERE NEGLI ABISSI DELLA TERRA. Situata nel sud-ovest della Francia, presso il dipartimento del Lot, nella regione dell'Occitania, sorge Rocamadour un villaggio sacro costruito in verticale, a 120 metri sopra il Canyon dell’Alzou. Per entrare in questo “mondo fatato” si attraversa una delle quattro porte ad arco: le Porte du Figuier, grazie alla quale è possibile accedere alla strada principale del villaggio e alla faticosa scalinata che porta nel cuore del borgo. Una volta arrivati sul pianoro è possibile ammirare vecchie case di pietra, un castello, torri maestose e soprattutto edifici religiosi tra cui ad esempio: la Cappella di Notre-Dame, la Chiesa di Saint-Amadour (cripta), la Basilica Saint-Sauveur e la Cappella Saint-Michel. Infatti Rocamadour è nota per essere un villaggio sacro poiché, già nel medioevo, i pellegrini viaggiavano da tutta Europa per venire a pregare il santuario della Madonna Nera e le reliquie di Saint-Amadour. Inoltre il borgo è immerso nei boschi, circondato da piccoli paesini ma anche da voragini nel terreno. A tal proposito, a pochi chilometri dal borgo, è possibile scendere con l’ascensore a 35 metri di profondità nella cavità naturale chiamata l’Abisso di Padirac, che conduce poi a un complesso di grotte. Da qui si prende la barca per iniziare un viaggio sul fiume sotterraneo, ammirando le conformazioni più fantasiose fino alla stalattite gigante alta 60 metri, per poi proseguire a piedi alla Sala della Grande Cupola. Un’altra grotta da esplorare è quella delle Meraviglie. Essa fu stata scoperta nel 1920 nel giardino di una famiglia, ossia quando il padre e la figlia scivolarono in un buco. Quello che trovarono fu una grotta poco profonda e di modeste dimensioni, caratterizzata da spettacolari concrezioni cristalline. Inoltre vi sono incisi settanta disegni preistorici risalenti a più di 20.000 anni fa che raffigurano: mani, cavalli, stambecchi, leoni delle caverne e altri segni lasciati dai nostri antenati. Un viaggio davvero magico, all’insegna del sacro, della storia ma anche della natura.

SILENZIOSI “MONDI” SI NASCONDONO SOTTO IL “BOLLENTE” VULCANO ETNA, IN SICILIA. SONO LA GROTTA DEL GELO RIVESTITA DI GHIACCIO PERENNE E QUELLA DEL DIAVOLO CHE PARE CONDUCA ALL’INFERNO. L’ Etna sorge sulla costa orientale della Sicilia in provincia di Catania, è alto circa 3357 metri ed ha una superficie di 1200 chilometri quadrati. Questo “gigante” siciliano è lo stratovulcano attivo più alto d’Europa ed è diventato patrimonio UNESCO dal 2013. Sotto la sua superficie ritroviamo delle splendide grotte come quella di Serracozzo o dei Ladroni, anche se quella più nota è la Grotta del Gelo: una galleria di scorrimento ubicata sul versante settentrionale dell’Etna, ad una quota di 2045 metri. Essa viene considerata come uno dei ghiacciai più a sud d’Europa poiché all’interno di essa, c’è una massa glaciale perenne che coesiste con la lava del vulcano. I visitatori possono ammirare un paesaggio sotterraneo mozzafiato fatto di pavimenti, rocce e numerose stalattiti e stalagmiti rivestite di ghiaccio, a volte saldate tra loro fino a creare “colonne e festoni”. Tra l’altro nel 2018 due fratelli escursionisti scoprirono un'altra cavità simile ribattezzandola Grotta Polare perché ancora più fredda e ricca di quella del Gelo. Ma sono anche consapevoli che questa potrebbe non essere l’unica grotta di questo tipo. Oltre a queste insolita caverna, vi è anche quella più misteriosa e terrificante chiamata la Grotta del Diavolo. Essa si presenta con uno strano percorso caratterizzato da forme e disegni inquietanti, che fanno pensare ad una ipotetica strada che conduce ad un mondo infernale. Infatti, in età medievale, l’Etna era considerato come un ingresso per l’inferno, popolato da diavoli, anime dannate e streghe. Nello specifico il cronista Niccolò Speciale, vissuto nel XIV secolo, affermò di aver visto i diavoli uscire dal cratere durante l’eruzione del 1329 e di averli sentiti predicare orribili storie. Oppure lo storico Anton Giulio Filoteo de Amodeo, del XVI secolo, sostenne che delle anime dannate, trasformate in macigni di ghiaccio sulla cima dell’Etna, rotolarono a valle e caddero in mare inghiottiti per l’eternità. Un luogo bizzarro ma che vale la pena di visitare.

UN BORGO “PERFETTO” GIACE TRA LE VERDI COLLINE DELLA VAL NURE, A PIACENZA. È GRAZZANO VISCONTI CHE TRA EDIFICI “MEDIEVALI”, CHIESETTA “GOTICA” E PARCO LABIRINTICO, TRASPORTA I VISITATORI IN UN MONDO IRREALE. A circa quindici chilometri da Piacenza, nella frazione del comune di Vigolzone, si trova un borgo in stile medievale chiamato Grazzano Visconti. In una possibile visita, intrufolandosi tra le vie ed edifici, forse ci si accorge che c’è qualcosa che non va, che non quadra. La località di Grazzano venne menzionata per la prima volta in documenti risalenti agli anni intorno al Mille mentre il castello fu costruito nel 1395, forse sui resti di una struttura preesistente, da Giovanni Anguissola a seguito del matrimonio con Beatrice Visconti. Nel corso dei secoli successivi il borgo ed il castello furono luogo di importanti battaglie e tristi avvenimenti, tra cui l’incendio del 1521 che distrusse l’intero villaggio. Il fortilizio tornerà, per via ereditaria, ai Visconti di Modrone nel 1870 e nel 1901 Guido Visconti donò il castello al figlio Giuseppe Visconti. Fu proprio quest’ultimo che ordinò di riedificare il borgo in stile medievale ma con tutti i confort dell’epoca moderna. In particolare fece costruire nuovi alloggi, scuole d’arte e dei mestieri, un asilo per i bambini, il teatro, laboratori e botteghe. In apparenza questo villaggio può sembrare un “tarocco storico” ma in realtà, per il conte, era il suo mondo perfetto. Se ci addentriamo nel borgo è possibile visitare ad esempio: la Statua dell’Angelo, Chiesetta “gotica”, Cortevecchia, Museo delle Cere e delle Torture, Fontana del Biscione, il Palazzo dell’Istituzione, Chiesa Parrocchiale SS Cosima e Damiano e il castello citato pocanzi. All’esterno di quest’ultimo edificio si estende il parco che ospita la chiesetta, lo studio del duca, il belvedere, il labirinto e diversi esemplari di alberi secolari. Quello che rende Grazzano Visconti ancora più suggestivo è un fantasma che, secondo la leggenda, vaga tra il parco e il castello. Si chiama Aloisa, sposa di un capitano di milizia, che fu tradita e abbandonata dal marito e per questo morì di gelosia e di dolore. Per consolare il suo spirito c’è l’usanza di offrirle dei fiori e dei piccoli omaggi.

STRANI OGGETTI SONO ADAGIATI SUL FONDO DELL’OCEANO PACIFICO, AL LARGO DELLA COSTA DELLA PAPUA NUOVA GUINEA! SONO DELLE SFERE METALLICHE CHE POTREBBERO ESSERE DI ORIGINE ALIENA. Nel giugno del 2023 una spedizione scientifica del Galileo Project guidata dall’astrofisico Avi Loeb dell’Università di Harvard portò alla luce delle piccole sfere di metallo dal fondo dell’Oceano Pacifico, al largo della costa della Papua Nuova Guinea. La ricerca era stata avviata perché il professore voleva recuperare i presunti frammenti di una meteora ribattezzata come Meteor 1 (IM1) che, attraversando i nostri cieli, cadde sulla Terra nel 2014. Esse furono raccolte grazie ad una piastra magnetica trainata da una nave mentre e al microscopio appaiono di colore oro, nero, blu e marrone, con un diametro compreso tra 0,05 e 1,3 millimetri. La loro composizione chimica è insolita, mai vista prima, alimentando l’idea che provengano da un altro sistema solare. Nello specifico su 700 sferule trovate, 5 di esse contengono un'alta percentuale di berillio (Be), lantanio (La) e uranio (U), etichettato come composizione “BeLaU”. L’astrofisico ha ipotizzato che le sferule potessero essere non solo la prova che un oggetto interstellare schiantato sulla Terra ma che siano anche “parti di tecnologia aliena”. Una supposizione simile a quella proposta dal prof. nel 2017 per il noto oggetto interstellare: Oumuamua, secondo cui è una sonda aliena autonoma simile a una vela solare. La comunità scientifica, però, non è d'accordo sulle interpretazioni fatte dall’astrofisico riguardo alle sfere. Ad esempio Peter Brown, uno specialista di meteoriti presso l'Università dell'Ontario Occidentale in Canada, sostiene che queste sfere metalliche non siano necessariamente da associare al meteorite del 2014. Molti detriti si sono accumulati sul fondo marino nel corso di milioni di anni a causa dei meteoriti che rilasciano piccoli pezzi di metallo fuso mentre passano sopra di noi. Tra l’altro, come sostiene l’esperto, non ci sono delle prove plausibili che tali frammenti rappresentino una tecnologia aliena e nessuna conferma fino ad oggi che dei meteoriti interstellari che si sono schiantati sulla Terra.

UN MISTERIOSO MINERALE FU SCOPERTO NEL 1990 IN SIERRA LEONE, IN AFRICA: È LA SKYSTONE UNA PIETRA PROVENIENTE DAL CIELO, DI COLORE BLU, MOLTO LEGGERA CHE SEMBRA FATTA DI MATERIALE SINTETICO. Nel 1990 Angelo Pitoni, geologo per la Fao, botanico e agronomo dilettante, scopritore di miniere di smeraldi ed esperto di lapislazzuli, fu in Sierra Leone, nell’Africa occidentale, per valutare la consistenza di alcuni giacimenti di diamanti. In questo luogo lo studioso fece una singolare scoperta: egli trovò una pietra di colore bluastro con sottili linee bianche sulla sua superficie, simili a sottili “nuvole”, leggera per le sue dimensioni. Secondo le leggende locali si narra che una antica civiltà di angeli era talmente corrotta che Allah fece precipitare sulla Terra: questi ultimi, la volta celeste e le stelle, tra cui una pietra azzurro cielo. Il racconto sembrava essere la versione africana del misterioso “Libro di Enoch” che, agli occhi dei nativi, spiega solo il motivo per cui la zona è ricca di minerali e diamanti. Così dopo che il geologo riuscì a prelevare alcuni campioni della pietra, li inviò per farli analizzare dall’università di Ginevra, di Roma, di Utrecht, di Tokyo e di Freiberg. Per Pitoni, dai risultati emersi, la pietra azzurra non dovrebbe esiste in natura. La sua composizione è oltre il 77% di ossigeno mentre la restante percentuale è divisa tra carbonio, silicio, calcio, sodio e fa pensare ad un prodotto sintetico, non ad una pietra. Quanto alla datazione, si ritiene che il composto organico presente nella pietra, sia compreso tra 15.000 e 55.000 anni. L’archeologo dottor Roberto Volterri ha effettuato delle analisi su tale campione mediante il Microscopio Elettronico a Scansione (SEM), collegato all’apparato per Microanalisi a Dispersione di Energia (EDS). I risultati non sono del tutto coincidenti con quelli riportati in rete e rivelano che l’abbondanza di ossigeno (43,35%), è dovuta alla presenza di ossidi vari. Se dunque alcuni ricercatori credono che la pietra blu sia un artefatto proveniente dall’universo, prodotto da una antica civiltà avanzata, allora è possibile proporre anche altre ipotesi; poiché ancora oggi questo minerale rimane un mistero.

TRA LE AVVENTUROSE ISOLE DELL’OCEANO ATLANTICO ECCO MADEIRA CHE TRA: FIABESCHE CASETTE E FORESTE INCANTATE, FORSE CUSTODISCE UNO DEI CHIODI DELLA CROCIFISSIONE DI CRISTO. Madeira è un piccolo arcipelago di origine vulcanica appartenente al Portogallo, situato nell’Oceano Atlantico, tra Lisbona e Marocco e le isole Canarie e Santa Maria, nelle Azzorre. Essa è conosciuta per la sua natura incontaminata, le sue spiagge paradisiache, piscine naturali e anche affascinanti paesini. Vediamo alcuni luoghi caratteristici. 1. In particolare l'isola è ricca di sentieri di montagna dove è possibile percorrerli costeggiando i levades, ossia canali di irrigazione costruiti a partire dal XVI secolo per trasportare l'acqua da nord a sud. 2. Santana è un villaggio fatto di casette colorate che hanno la forma tipica di una capanna. Come si può notare i tetti sono fatti di paglia poiché, oltre ad essere un materiale molto leggero, assicura una buona temperatura interna in una zona molto umida. 3. Giardino tropicale di Monte Palace conserva molti esemplari di piante esotiche provenienti da vari Paesi del mondo ed è decorato da elementi in stile orientale. Come ad esempio: due grandi cani Fo (sculture mitiche della cultura cinese); piccole pagode; sculture buddiste e pittoreschi laghi popolati di carpe Koi. 4. La fiabesca foresta Fanal si spande su un'altitudine che va dai 300 ai 1400 metri d'altezza. La particolarità è che gli alberi centenari hanno forme insolite e grottesche avvolte da una quasi perenne nebbia, creando un’atmosfera surreale. 5. Ilheu da Pontinha è un promontorio dove, durante gli scavi archeologici condotti dall’archeologo Bryn Walters, si scoprì una tomba di tre antichi cavalieri templari, con le loro spade e uno scrigno contenente un chiodo usurato, lungo 10 cm e risalente al I° secolo d.C. Dopo diversi esami effettuati su quest’ultimo reperto, lo studioso azzardò l'ipotesi che potesse trattarsi di un chiodo con il quale era stato crocifisso Gesù anche se ancora oggi non è stata accertata l'autenticità. Quindi l’isola di Madeira non è solo conosciuta per la sua natura incontaminata ma anche per essere l'isola del chiodo di Gesù Cristo.

PER ALCUNI Può ESSERE UNA PRIGIONE, PER ALTRI UN GIOCO D’AMORE O UN MODO PER SCOPRIRE Sè STESSI. SONO I LABIRINTI: LUOGHI IPNOTICI DOVE È FACILE PERDERE IL SENSO DELL’ORIENTAMENTO. Il labirinto è da sempre un luogo affascinante, carico di mistero e di simbologia ed è presente in civiltà, luoghi e religioni diverse. Esso compare, ad esempio, nel mito di Cnosso il quale venne interpretato come una prigione, oppure nel medioevo che si pensava fosse la via di un pellegrinaggio, o nella massoneria che rappresenta la ricerca della verità attraverso un cammino lungo e difficoltoso. A prescindere dalle varie interpretazioni il dedalo risulta essere tutt’oggi attuale più che mai. In Italia troviamo, ad esempio, il labirinto più difficile del mondo e precisamente a Stra in provincia di Venezia, nel parco della Villa Pisani edificata dal 1721 al 1756. La sua struttura è a nove cerchi concentrici e al centro vi è una torretta, con una doppia scala elicoidale, alla cui sommità è stata collocata la statua di Minerva. Questa creazione veniva utilizzata per mettere in scena una caccia al tesoro amorosa. In particolare sopra la torre vi era la dama con indosso una maschera per celarne il volto, che aspettava l’arrivo del cavaliere una volta districato dalle vie ingannevoli del dedalo. Sempre in Italia troviamo il labirinto più grande del mondo, per ampiezza, ubicato a Fontanellato (Parma), ideato dal 2005 al 2015, nella proprietà̀ di Franco Maria Ricci. Esso è chiamato il Labirinto della Masone ed è stato compiuto con quasi trecentomila piante di bambù̀ di specie differenti. Ha una pianta a forma di stella che si estende su sette ettari intorno a un quadrato centrale ed è stato realizzato ispirandosi ai percorsi geometrici raffigurati nei mosaici romani. Mentre il labirinto più lungo del mondo si chiama Longleat Hedge Maze e si trova vicino al villaggio di Horningsham, nel Wilshire, in Inghilterra. È stato progettato nel 1975 con oltre 16000 siepi di tasso che percorrono una lunghezza di 2,75 chilometri. Esse sono alte due metri e mezzo poiché lo scopo è quello di non permettere ai visitatori più alti di orientarsi. Non si può barare: ogni aiuto è vietato anche quello del GPS sullo smartphone.

SOTTO LA TRAFFICATA SUPERFICIE DI UNA ANTICA CITTA’ SI CELA UN’OSCURA VITA SOTTERRRANEA. È ORVIETO CHE CON I SUOI LABIRINTI, POZZI E SCALETTE SEMBRA DI TORNARE INDIETRO NEL TEMPO. Orvieto si trova sulla cima di una roccia di origine vulcanica, composta da tufo e da pozzolana. Su questo altopiano l’uomo si è insediato ed ha costruito non solo in superficie, ma ha anche scavato nel sottosuolo. In particolare sono state contate 1200 cavità sotterranee di origine artificiali e realizzate dall’età etrusca fino a quando furono utilizzati come rifugio durante la seconda guerra mondiale. Vediamo alcune parti della città ipogea. 1. Pozzo di San Patrizio (in origine chiamato Pozzo della Rocca) è stato costruito tra il 1527 e il 1537 per volere di papa Clemente VII allo scopo di fornire l’acqua alla città in caso di assedio. Poi nel XVIII secolo, prese il nome di San Patrizio forse perché era usato come luogo d’espiazione dei peccati, in analogia alla cavità sotterranea irlandese, denominata “Purgatorio di San Patrizio”, presso l’isola del lago Lough Derg. Caratteristici sono le sue 72 finestre, che creano giochi di luce e la doppia rampa elicoidale utilizzata dalle bestie da soma per il trasporto dell’acqua; 2. Pozzo della Cava, di origine etrusca, ha una forma cilindrica le cui pareti riportano le “pedarole” ossia solchi scavati nella pietra per inserire mani e piedi consentendo la discesa e la risalita; 3. Orvieto underground ovvero una città sotterranea, fatta di innumerevoli cavità, scalette e stretti cunicoli che si intersecano e si accavallano sotto il tessuto urbano. In questo complesso gli abitanti di Orvieto svolgevano, fin dall’età etrusca, varie attività di vita quotidiana. Molto particolari sono alcune pareti caratterizzate da tanti fori che venivano usati per allevare colombi a scopi alimentari; 4. Labirinto di Adriano è un altro complesso sotterraneo dove è possibile vedere un tronco fossile, dei silos etruschi, alcuni pozzi, butti. Fu chiamato “labirinto” per la sua conformazione mentre il nome appartiene a uno dei proprietari del negozio sovrastante, che lo scoprì durante i lavori di ristrutturazione. Un viaggio unico dove sembra di tornare indietro nel tempo.

FIABESCHE COSTRUZIONI SI AFFACCIANO NELLA VALLE D’ITRIA, IN PUGLIA. SONO I TRULLI CHE, SUI “TETTI” CONICI, MOSTRANO UN CODICE FATTO DI SIMBOLI PREISTORICI, MAGICI E RELIGIOSI. I trulli sono tipiche costruzioni coniche in pietra a secco che si trovano buona parte ad Alberobello, un paese incastonato nella Valle d’Itria e nella Murgia dei Trulli, tra le province pugliesi di Bari, Brindisi e Taranto. Essi sono un perfezionamento del modello preistorico delle thòlos, presenti in varie zone d'Italia e del Mediterraneo mentre i trulli forse iniziarono ad essere costruiti nel XVI secolo. Essi venivano usati dai contadini come ricoveri temporanei nelle campagne o come abitazioni. Hanno la peculiarità di essere calde in inverno e fresche in estate e sono facili sia da costruire sia da “smontare”, grazie alla pietra carsica presente nel sottosuolo. In particolare, quando gli esattori spagnoli, inviati dal Regno di Napoli, si avvicinavano per riscuotere la pesante tassa su ogni nuova abitazione, non vedevano mai nulla di integro e correttamente edificato. Inoltre una caratteristica di queste strutture è che alle sommità si trovano dei pinnacoli di varie forme: a disco, tetraedrici, cuneiformi, cruciformi, stellati. Ma l’aspetto più misterioso risiede nelle chiancarelle che, formando il singolare tetto autoportante, si possono osservare strani simboli, tra cui: preistorici, cristiani e magici. Ad esempio: la testa di cavallo rappresenta il lavoro; il cane la famiglia; il gallo la vigilanza e l’aquila l’anima che aspira al cielo. Vi sono poi dei simboli astrologici, che vanno dai segni zodiacali a quelli planetari, tra cui: Cancro, Leone e Bilancia sono un augurio di buona fortuna; Pesci per proteggersi dai fulmini; Sagittario contro l’ira divina; il Sole è simbolo di vita spirituale e materiale; la Luna di protezione durante la notte mentre la croce cristiana per proteggere il trullo dal Maligno. Altri simboli, invece, sono stati scelti in base alla fantasia del proprietario della struttura. Si tratta, quindi, di una sorta di codice che non è impresso sui libri o pergamene ma su pittoresche costruzioni dal fascino fiabesco.

 

UN MISTERIOSO FENOMENO SI AGGIRA NELL’AFFASCINANTE VALLE DELLA MORTE. SONO LE SAILING STONES OVVERO PIETRE MOBILI CHE, SPOSTANDOSI DA SOLE, LASCIANO DIETRO DI SÉ LA LORO SCIA. Nel parco nazionale della Valle della Morte, in California vi è la Racetrack Playa, ossia un letto di un antico lago fatto di fango asciutto, lungo 4,5 chilometri e largo 2 chilometri, situato 1130 metri sopra il livello del mare. La sua superficie è piatta ed è occupata da rocce conosciute come “pietre mobili” o “sliding rocks” o “sailing stones” di cui alcune sono piccole come palle da baseball mentre altre arrivano a pesare più di 300 chili. La particolarità di tali rocce è che si spostano da sole senza l'intervento di uomini o animali, lasciandosi dietro di sé delle scie ben visibili. Nello specifico le pietre che presentano la parte inferiore ruvida compiono percorsi rettilinei, mentre le pietre che presentano la parte inferiore liscia tendono a deviare la loro traiettoria. Sono tracce enigmatiche che da decenni hanno interrogato studiosi e scienziati suggerendo diverse ipotesi tra cui: forti venti di tempesta, inondazioni, diavoli di polvere, calotte glaciali e pellicole di alghe. Per capire meglio le dinamiche del fenomeno, nel 2011 un gruppo di geologi guidati da Richard Norris avevano “introdotto” nella Racetrack Playa 15 massi equipaggiati con unità GPS attivati dal movimento, monitorati da una stazione meteo e telecamere time-lapse. Dopo 2 anni di attesa i ricercatori hanno compreso che le rocce si spostano solo in specifiche condizioni. La Playa deve essere ricoperta di uno strato d'acqua piovana (o di neve sciolta) abbastanza alto da ghiacciare d'inverno, e abbastanza basso da lasciare le rocce scoperte. Quando di notte il termometro cala e la superficie dell'acqua congela, il ghiaccio deve avere uno spessore di 3-6 millimetri, ossia sufficientemente sottile da rompersi facilmente ma spesso da riuscire a spingere una roccia. Al calore del sole il ghiaccio si rompe in grandi pannelli fluttuanti, che trascinati dal vento, circa 15 km/h, si muovono su quel poco di acqua e fango, spingendo le rocce lungo la Playa. I massi, a contatto con la terra, graffiano la superficie del suolo lasciando dietro di sé le famose scie.

NEL CUORE DELLA CITTA’ ETERNA UN COLOSSALE EDIFICIO ERA USATO PER I COMBATTIMENTI TRA GLADIATORI, BATTAGLIE NAVALI ED EVOCAZIONI DEMONIACHE. È IL COLOSSEO, DOTATO DI UN SUO CLIMA E LAGHETTI SOTTERRANEI. Situato nel cuore della città di Roma, il Colosseo è un edificio di forma ellittica, lungo 189 metri, largo 156 metri, per un'altezza di oltre 48 metri. Fu edificato dall’imperatore romano Tito Flavio Vespasiano che diede inizio alla costruzione nel 72 d.C. e poi inaugurato dal figlio Tito nell’80. L’edificio poteva contenere 50 mila persone e di solito era destinato ai combattimenti, ai giochi tra i gladiatori, alle simulazioni di caccia, ma anche alle naumachie ossia simulazioni di battaglie navali che richiedeva di riempire d’acqua l’arena per circa sette ore. In origine tale monumento era conosciuto come Anfiteatro Flavio e solo nel medioevo fu chiamato “Colosseo". La teoria più accreditata è che si chiamasse così poiché fu edificata, a pochi metri di distanza, la colossale statua raffigurante Nerone. Mentre, secondo una leggenda, l’edificio era un tempio dedicato al demonio e alla fine di ogni cerimonia i sacerdoti domandavano agli adepti: “Colis eum?”, ovvero “Adori lui?”. Ma già al tempo dei gladiatori il Colosseo godeva di una fama sinistra fino a essere ritenuto, nel medioevo, una delle 7 porte dell'inferno forse perché vi morirono brutalmente molte persone. Mentre nel Cinquecento maghi e stregoni pare che apprezzassero le erbe dai poteri magici che crescevano tra le sue rovine. In effetti da alcuni secoli gli esperti di botanica hanno rilevato più di 350 specie diverse di piante di cui alcune rare ed esotiche, la cui crescita è favorita grazie al microclima dell'anfiteatro. Non dimentichiamo inoltre che a fianco dell’edificio, si possono trovare dei laghetti sotterranei. In particolare sotto le fondamenta del convento dei Padri Passionisti, intorno al I secolo d.C., si ergeva un santuario dedicato all’Imperatore Claudio. Qui è stato rinvenuto un labirinto fatto di laghetti che scorrono per oltre due chilometri, la cui temperatura rimane costante a circa 12 gradi e l’acqua, dalle analisi effettuate, è risultata pura e cristallina.

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