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Immagine del redattoreAria Shu

LE ENIGMATICHE STATUE DEL POPOLO OLMECA: COLOSSALI TESTE UMANE,VISI INFANTILI E INSOLITE TESTE OVALI

Aggiornamento: 21 apr 2022


Oggi facciamo un viaggio davvero particolare che potrebbe far discutere i nostri canoni di bellezza… Sì, perché quello che andremo a vedere è piuttosto insolito! Ma veniamo al dunque! Nel 1858 un contadino di Tres Zapotes, in Messico, mentre coltivava il proprio campo, si imbatté in una ENORME pietra levigata che spuntava dal suolo. Una volta pulita dalla terra si accorse che la scultura era una gigantesca testa umana con indosso un elmetto.

Nel 1862, l’avventuriero José Maria Melgar y Serrano andò a visitare questa scultura ed affermò che i tratti erano “NEGROIDI” e che quindi il suo aspetto poteva suggerire antiche popolazioni migrate dall’Etiopia fino al Nuovo Mondo. In seguito, questa teoria dell’esploratore fu bocciata poiché si scoprirono altre teste, le quali non furono realizzate da africani ma da un popolo che oggi è considerato come la prima civiltà mesoamericana, che influenzò gli Aztechi, i Maya e altre successive popolazioni emerse nelle Americhe (1)!

Quindi il nostro contadino non aveva capito che quello che aveva scoperto risaliva in realtà a ben 2700 anni fa! Ma che cosa aveva trovato quindi????

Ebbene si trattava di reperti della CIVILTÀ OLMECA, a cui il nome è stato dato dal popolo azteco e significa “gente della gomma” poiché il lattice lo ricavavano dalla Castilla elastica, ossia da un albero del caucciù presente in quel territorio (2). Secondo studi archeologici tale civiltà fiorì intorno al 1500 a.C. ed occupò la parte meridionale dell’attuale Stato messicano del Veracruz e il Tabasco occidentale. Raggiunse poi il suo massimo splendore dal 1200 a.C. al 900 a.C. (periodo preclassico) ed ebbe i primi centri cerimoniali a San Lorenzo Tenochtitlán e La Venta (3).

Ma torniamo ai nostri TESTONI!! Questi colossi, chiamati “Cabezones”, sono sculture monolitiche ricavate dalla roccia vulcanica (principalmente basalto) e realizzate tra il 1500 e il 400 a.C.; la loro altezza varia da 1,4 a 3,4 metri e il loro peso è compreso tra le 6 e le 50 tonnellate. Nonostante le dimensioni considerevoli, offrono l’impressione di un sorprendente senso di LEGGEREZZA forse proprio per la loro simmetria geometrica basata su rapporti matematici (4).

Sembra tutto davvero straordinario! Ma come hanno fatto a costruire queste costruzioni giganti che non c’erano animali da soma e la ruota non era ancora immaginata?

Secondo ricerche scientifiche per la loro costruzione forse era richiesto l’impiego di numerose persone che estraevano enormi blocchi di basalto scuro proveniente dalle montagne della Sierra de los Tuxtlas di Veracruz. Nello specifico il fango lavico, lungo le pendici dei vulcani montagnosi, portava a valle grandi massi di pietra e gli Olmechi sceglievano quelli che erano di FORMA PIU’ SFERICA! Poi tali massi venivano trasportati per ben 150 chilometri, fino a raggiungere i centri abitati e si ipotizza, ma non è certo, che lo facessero attraverso leve, rulli, corde oppure usassero delle imbarcazioni sfruttando le correnti costiere e il percorso dei fiumi. Per fare tutto questo forse impiegavano mesi o anni e, una volta arrivati sul posto, poi il materiale veniva scolpito con utensili di pietra (5).

Le TESTE, di cui se ne conoscono 17 esemplari, rappresentano uomini con un naso piatto, un lieve strabismo, guance e labbra carnose e copricapi di diversa forma. Tra l’altro è necessario sottolineare che tali tratti sono tutt’oggi presenti tra le popolazioni moderne delle regioni olmeche (6).

Quindi c’è da chiedersi: perché degli Olmechi facevano il SACRIFICIO di portare dei massi così pesanti per lungo tempo? Un notevole costo in termini di lavoro ma ovviamente non c’è una risposta certa. Ecco quindi che, come ogni mistero che si rispetti, riporto le ipotesi più accreditate:

IPOTESI 1: queste teste rappresentavano forse dei SOVRANI, gli unici a cui si poteva dedicare un lavoro così notevole! In ogni caso i volti dovevano essere riconoscibili sia per coloro che li scolpivano e sia per coloro che li vedevano, in quanto sono l’uno diverso dall’altro e quindi il loro aspetto è originale e riconoscibile (7)!

IPOTESI 2: i volti sarebbero appartenuti a degli SPORTIVI! Sì, sì, avete capito bene, sportivi! Sembra un’ipotesi bizzarra ma d’altronde plausibile se pensate che sono stati coloro che hanno “dato il via” alle culture successive, oltre per i sacrifici umani e forse per la scrittura, anche per il GIOCO con la palla. In tale attività, di cui non si conoscono le regole, non si potevano usare le mani e i piedi ma solo fianchi e ginocchia. Visto che ci sono 1300 campi da gioco si capisce che per loro era molto importante anche perché gli spazi dedicati erano stati realizzati all’interno di QUARTIERI SACRI. Inoltre, non dimentichiamo che le teste giganti avevano l’elmetto, segno che forse il gioco era pericoloso! Infatti, i conquistadores, dopo che avevano visto gli Aztechi giocare, raccontavano che erano frequenti le ferite, le fratture e perfino la morte (8).

Però poi queste teste, prima del 900 a.C., subirono degli atti di vandalismo e furono sepolte (9) … Probabilmente chi li rappresentava non era più tra “le grazie” del popolo e quindi qualcuno ha pensato bene di sbarazzarsene! Infatti, alcune teste olmeche sono state sfigurate con dei fori e, per l’archeologa mesoamericana Linda Schele, sono residui di riti di terminazione o di contenimento compiuti dai Maya, che avevano lo scopo di limitare o distruggere l’energia sacra contenuta in esse (10).

Eppure la cultura olmeca non ha solo TESTE GIGANTI che le danno fascino e mistero, ma ci ha tramandato anche reperti BIZZARRI, oserei dire inquietanti, che non vantano certo di “straordinaria bellezza”; anche se mi rendo conto che la bellezza è relativa!

Ecco a voi le “BABY FACES” (volti da bambino) ossia piccole sculture di varie misure dai 6 cm ai 35 cm, che possono essere fatti di giadeite, arenaria, ma anche di ceramica. Sicuramente la prima cosa che balza ai nostri occhi è il modo in cui sono stati rappresentati: un viso infantile, la testa è più grande del corpo ed assomiglia a una PERA, è detta infatti peripoidale.

Baby faces

Tra l’altro possiamo notare che hanno gli occhi a mandorla, arti corti e spessi e sono tutti diversi tra loro. I personaggi sono nudi, raffigurati senza sesso, a volte sembrano bambini seduti o che strisciano. Una delle più famose sculture olmeche è chiamata “Señor de Las Limas”, erroneamente chiamata “faccia da bambino”, ma che in realtà è un uomo seduto con un bambino giaguaro tra le braccia (11).

Señor de Las Limas

Penso che sia naturale che ad ognuno di noi sorga una “domanda”: perché hanno realizzato queste statuette? Sono anche brutte! Scherzi a parte, è difficile ancora oggi trovare delle risposte all’arte olmeca. L’unica cosa che si sa di per certo è che una volta superato lo stadio del semplice sciamanesimo, gli Olmechi crearono una mitologia caratterizzata da un essere semi-umano e SEMI-FELINO, come dire un “uomo-giaguaro”, da cui poi altre popolazioni hanno appreso per le proprie divinità (12). Quindi sono statuette fuori dai nostri canoni di bellezza attuali, forse per questa civiltà oltre che belle erano anche simboli di divinità, magari li dedicavano a persone di alto rango!

Un altro esempio è il reperto chiamato “OFFERTA 4” di La Venta, formato da 16 statuette antropomorfe di pietra (2 in giadeite, 13 in serpentino e l'ultima arenaria), disposte tutte in piedi, in posizione eretta e collocate a semicerchio davanti a sei asce di giada. Gli studiosi sostengono che il ritrovamento rappresenti una scena rituale, dove il personaggio principale è quello in arenaria davanti al quale sembrano sfilare altre 4 figure; mentre le restanti erano immobili come se dovessero assistere alla scena (13). Tutte queste rappresentazioni riportano alcune caratteristiche dell’arte olmeca: figure dalle teste ovali e calve, arti snelli e lunghi e assenza di genitali (14).

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Che dire? Una cultura davvero affascinante, ma c’è ancora tanto da scoprire, quindi è bene rimanere nel dubbio e non esprimere conclusioni troppo affrettate!! Aspettiamo aggiornamenti!


Alla prossima.

Aria Shu.





Copyright © 2021-2022, “www.mondidiaria.com” – Tutti i diritti riservati.



Note dell’articolo:

(1) Polidoro, M. & Bongiorni, F., Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità, Bompiani, Milano, 2020, p. 107.

(2) Polidoro, M. & Bongiorni, F., Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità, Bompiani, Milano, 2020, p. 107.

(3) Cavantrucci, C., Della Fina, G., Vidale, M., Civiltà precolombiane, vol. IV, Fabbri Editori nella coll. Antiche Civiltà, Milano, 2005, p. 88; Gendrop, P., Les Mayas, Presses Universitaires de France, nella coll. Que sais-jé?, Paris, 1992, trad. it. I Maya, Xenia Edizioni, nella coll. I Tascabili, Milano, 1995 (V ediz.), p. 11; Polidoro, M. & Bongiorni, F., Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità, Bompiani, Milano, 2020, p. 16.

(4) Cavantrucci, C., Della Fina, G., Vidale, M., Civiltà precolombiane, vol. IV, Fabbri Editori nella coll. Antiche Civiltà, Milano, 2005, p. 86.

(5) Gendrop, P., Les Mayas, Presses Universitaires de France, nella coll. Que sais-jé?, Paris, 1992, trad. it. I Maya, Xenia Edizioni, nella coll. I Tascabili, Milano, 1995 (V ediz.), p. 11; Polidoro, M. & Bongiorni, F., Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità, Bompiani, Milano, 2020, pp. 107-108.

(6) Polidoro, M. & Bongiorni, F., Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità, Bompiani, Milano, 2020, p. 109.

(7) Polidoro, M. & Bongiorni, F., Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità, Bompiani, Milano, 2020, p. 109.

(8) Polidoro, M. & Bongiorni, F., Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità, Bompiani, Milano, 2020, p. 109.

(9) Polidoro, M. & Bongiorni, F., Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità, Bompiani, Milano, 2020, p. 109.

(10) Schele, L. & Freidel, D., A Forest of King. The Untold Story of the Ancient Maya, Quill William Morrow, New York, 1990, trad. it. Una foresta di re, Carbaccio, Milano, 2000, p. 101, nota 22.

(11) https://es.wikipedia.org/wiki/Rostros_de_beb%C3%A9; Cavantrucci, C., Della Fina, G., Vidale, M., Civiltà precolombiane, vol. IV, Fabbri Editori nella coll. Antiche Civiltà, Milano, 2005, pp. 88-90.

(12) Gendrop, P., Les Mayas, Presses Universitaires de France, nella coll. Que sais-jé?, Paris, 1992, trad. it. I Maya, Xenia Edizioni, nella coll. I Tascabili, Milano, 1995 (V ediz.), p. 16.

(13) Cavantrucci, C., Della Fina, G., Vidale, M., Civiltà precolombiane, vol. IV, Fabbri Editori nella coll. Antiche Civiltà, Milano, 2005, p. 91.



Fonti articolo:

Polidoro, M. & Bongiorni, F., Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità, Bompiani, Milano, 2020.


Cavantrucci, C., Della Fina, G., Vidale, M., Civiltà precolombiane, vol. IV, Fabbri Editori nella coll. Antiche Civiltà, Milano, 2005.


Gendrop, P., Les Mayas, Presses Universitaires de France, nella coll. Que sais-jé?, Paris, 1992, trad. it. I Maya, Xenia Edizioni, nella coll. I Tascabili, Milano, 1995 (v ediz.).


Schele, L. & Freidel, D., A Forest of King. The Untold Story of the Ancient Maya, Quill William Morrow, New York, 1990, trad. it. Una foresta di re, Carbaccio, Milano, 2000.





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